Non c’è luce senza buio. Io dovrei saperlo, sotto i cieli grigi, nella nebbia di Milano.
Ho cominciato bambino, a schiarirla da dietro uno spesso paio di occhiali. Pagina dopo pagina, libro dopo libro. Li divoravo, mi alimentavo di quei mondi fantastici, delle vite qualunque così straordinarie.
Mi ci immergevo e le facevo mie. E allora ero un mago, poi un cavaliere, o un guerrigliero, o un pirata.
Devo dirlo, col tempo mi sono immaginato nei panni di personaggi sempre più malvagi.
Chissà se il mio cervello vuole dirmi qualcosa…?
Quello che è certo, è che non erano solo libri: adoravo i film, le serie tv, gli albi a fumetti (per il mio compleanno, nel 2019, ho approfittato della visita al Lucca Comics di Don Rosa. Gli autografare una copia della Paper Dinastia, il mio preferito di sempre. Non sono mai stato più felice di fare la coda sotto la pioggia). Insomma, mi piaceva qualunque cosa mi trasportasse altrove.
Da lì, le due conseguenze sono forse prevedibili: ho iniziato a scrivere, e ad appassionarmi dei giochi di ruolo.
Prima è venuto il gioco di ruolo. Non quello al tavolo: ero troppo timido e introverso, e non conoscevo a chi piacesse. Io stesso lo conoscevo troppo poco. No, il primo impatto è venuto coi videogiochi.
Ho iniziato con Baldur’s Gate, Planescape Torment, Icewind Dale, Neverwinter Nights… non ho più smesso. Alcuni dei più bei ricordi ce li ho di quando giocavo a Dark Age of Camelot: un elfo incantatore, ovviamente. Io, che leggevo così tanto. Io che, se mi immaginavo adulto, mi sognavo anziano, seduto dietro un’imponente scrivania a dispensare saggezza a chi mi fosse venuto a trovare. Altro che astronauta! Che altro avrei potuto fare se non il mago? E in effetti, è sempre stata un po’ una ricorrenza.
Poi è venuta la scrittura. Ho iniziato con la poesia, un piccolo componimento per comparire su un programma televisivo, quando avevo appena dodici anni. Parlava di amicizia, la conservo ancora.
Non fui scelto, ma io ho la testa dura.
Alle superiori ho avuto una fortuna che capita a pochi: un buon professore. Ci incoraggiò a scrivere i temi come preferivamo, a patto che seguissimo la traccia. Così scrissi un sonetto. Continuò a incoraggiarmi, e io a scrivere. Non passai subito alla prosa. Per quello ci volle l’università, e qualche piccola disgrazia amorosa.
Da una lezione di filosofia del 2007, a scuola, nacque un’idea che, tre anni dopo, sviluppai in un primo libricino allegorico. Non sono mai riuscito a farlo pubblicare (e, vi dirò, oggi so anche perché ma all’epoca mi pareva un capolavoro). La poesia l’abbandonai. Non ebbi più ispirazione.
Chissà se scriverò più in versi? Forse, non è stata una gran perdita per il mondo.
Di sicuro in quel periodo sono cambiate tante cose, qualcuna l’ho persa anch’io, e il mondo si è fatto un po’ più buio. Sono arrivato alla laurea in Archeologia, nel 2017, che facevo ormai fatica a leggere su carta; la luce – che era sempre stata un problema – ora lo era di più. Mi avevano detto, pochi anni prima, che avevo… un problema. Ce l’avevo sempre avuto, a quanto pare. Ma io ho la testa dura.
Facevo fatica, sì, ma volli finire: avevo la triennale, cominciai e conclusi la magistrale. Ero archeologo. Un mestiere che, in senso stretto, forse non eserciterò mai. Ma io ho la testa dura.
Tentai con Youtube: nel novembre 2016 avevo aperto un canale, Curiositas, dove parlavo di archeologia. Speravo di fare divulgazione. Scoprii, mio malgrado, di essere un po’ allo sbaraglio. Non ho mai acquisito molto successo. Il canale c’è ancora, e ho tutte le intenzioni di tenerlo. Io – ho – la testa – dura.
Riprovai. Mi piace scrivere, mi dissi. Scrissi. Già dal 2013 avevo accarezzato l’idea di una saga, la saga epica fantasy che sogniamo tutti di scrivere e, magari, diventarci famosi e camparci di rendita. Senza nozioni? Mi persi in sette libri, più eventuali appendici. Una marea di appunti. Non ne vedevo la fine, non completavo niente. Vi ricordate il libricino allegorico? Ecco, l’idea per la saga era nata da lì, per riciclare in salsa fantasy un’idea che volevo a tutti costi che fosse pubblicata. Erano ormai dieci anni che me la rigiravo.
Non so se ve l’ho detto, ma ho la testa dura.
Giochi di ruolo allora. Cosa ci vuole? Manuale e via. Senza nozioni? Hsss, molto dura. Ma forse è stata la decisione avventata e ingenua migliore della mia vita: portai il mio prototipo a un evento e, lì, incontrai una persona che adesso è un amico. Mi suggerì di contattare Daniele. Ci incontrammo al Cartoomics, quell’anno. Era il 2018. All’ora di pranzo, lui lavorava a uno stand, ci mettemmo a parlare e iniziò una collaborazione che, è chiaro, dura ancora oggi.
Ripresi a studiare. Cos’altro può mai fare un mago? Be’, narratologia, corsi di Editing (lo stesso che ha seguito Daniele, presso il Salotto di Giano)… nel frattempo: scrivere, scrivere, scrivere. Ho riordinato i miei appunti: Primordium, la mia ambientazione aveva acquisito un nome; un nome e cinquantasette pagine di compendio, tra creature, sistema magico, società e politica. Il gioco? Si chiama Faber Arcanus, ed è lì, ancora in prototipo. Pensate che lo abbandonerò? Forse non lo avete capito: ho la testa dura!
Ho rifatto l’arredamento di casa, tempo fa. Alcuni mobili li ho disegnati io. Be’, un architetto ci ha messo mano, è ovvio, ma a partire dai miei schizzi. In salotto ho una libreria, e su di essa c’è una scritta, in caratteri belli grandi, sotto lo stemma della mia Milano:
Nocte Animus Fulget.
[È] nella notte [che] lo spirito splende.
Non c’è luce senza buio. Io lo dovrei sapere.