Foto di Copertina di Waldemar su Unsplash.
Bentornati su Storymancer! Per l’Edicola delle Storie (Im)perfette, ecco a voi Strano Taxi, di Lorenzo Aretini.
Attualmente siamo alla seconda stagione, denominata Racconti al Buio. Ideata coi nostri amici e patner di Scripta (Pietro Sgherzi e Tiziano Ottaviani), prevede che i nostri autori non solo scrivano un racconto, ma editino quello di un altro partecipante!
Ricordiamo per tutti i racconti già pubblicati.
- per la prima stagione, proclamata su Twitch durante la live de Il Ruolo delle Storie del 25 settembre 2020:
- Simone Miraldi (aka Doctor Nowhere), con Il Giornale a Metà;
- Roberto Villa, con Il Venditore di Sogni.
- per la seconda stagione, invece:
- Simone Miraldi (aka Doctor Nowhere), con Il Trepunte Bianco, editato da Roberto Villa;
- Roberto Villa, con Il Sorriso del Tiranno, editato da MerondesejBLAZE55;
- Davide Ragona (aka Dave), con Banana a Tempo, editato da Pietro “Il Pellegrino” Sgherzi;
- ***ALFONSO*** con La Bit Station, editato da Daniele di Rubbo.
L’editing di questo racconto è stato curato da ***ALFONSO***.
Ricordiamo: cos’è l’Edicola?
L’Edicola delle Storie (Im)perfette è un setting condiviso per racconti di realismo magico. Tra le ispirazioni ci sono Italo Calvino, Stefano Benni, Dino Buzzati, Stephen King, ma anche Dylan Dog e Piccoli Brividi.
Elemento focale di questa ambientazione è l’Edicola: un luogo misterioso che cambia aspetto in base all’epoca e al luogo in cui compare. Chiunque la visiti vi troverà non ciò che vuole, ma ciò di cui ha veramente bisogno: saranno clienti dalla storia (im)perfetta e, in quanto tale, migliorabile.
A tentarlo sarà l’Edicola stessa, o il suo proprietario: un individuo che non si mostra mai del tutto. Sarà riconoscibile da un gesto o da un particolare, ma il suo volto e la sua identità rimarranno segreti. Lo faranno con un oggetto all’apparenza mondano, o per il tramite di un fenomeno magico.
Quale che ne sia il ruolo, la magia va sempre calata nel reale: è un’allegoria, o una metafora, che rompe la realtà senza mai sfuggirle del tutto. Non saranno dunque adatti i mondi fantasy, che siano ambientati nel passato o nel futuro; la base è sempre la quotidianità del nostro mondo e, di conseguenza, il setting dovrà sempre essere realistico e immaginabile.
Strano Taxi
Autore: Lorenzo Aretini
Editing: ***ALFONSO***
Il freddo gli attanagliava la pelle.
Accendendo il riscaldamento, un flebile fumo cominciava ad uscire, ma il tepore era troppo invitante.
Ad un tratto: un colpo al finestrino, poi un altro! La condensa impediva di vedere, così lo abbassò.
Un braccio entrò nell’abitacolo, mentre il fumo cresceva.
«Il suo giornale», disse una voce piatta ma cavernosa, mentre il braccio si ritirava.
«C’è anche l’inserto», un disco volò davanti a lui per finire nell’autoradio.
«Buonanotte», si congedò la voce, mentre il fumo stava iniziando a farsi denso, ma senza limitare la vista.
Una strana musica iniziò a risuonare, dal ritmo ipnotico, rilassante… sentiva le vibrazioni venirgli da dentro.
«Sarà ora di muoversi, che dici?», l’invito veniva da uno strano figuro sul retro, sportosi in avanti.
«Non vorrai mica fermarti ora!?».
Cominciare a guidare gli sembrò la cosa più naturale da fare; le stesse domande che lo avevano assalito pochi istanti prima, chi era quell’individuo e come fosse arrivato lì, sembravano perdere di senso.
Il fumo continuava a crescere nell’abitacolo, tingendosi di colori caldi, ma senza offuscare la vista.
«Notte strana eh? Fortuna che sai dove andare…imbocca l’autostrada».
Nonostante l’ora, il traffico era scarso e le luci quasi lisergiche.
Continuò a guidare dritto per un tempo indefinito.
Ogni tanto guardava lo specchietto retrovisore per controllare il passeggero ed ogni volta gli pareva diverso: poteva indossare ora una minigonna, ora un completo militare, come essere completamente a torso nudo indossando solo una chiave al collo.
La faccia era sempre indefinibile, comprensibile solo a tratti; qualche volta gli pareva di intravedere corna adornare il capo.
«Che noia capo! Non abbiamo modo di ravvivare questo viaggio?».
Da parte sua solo silenzio, ma come se gli avesse letto nel pensiero, il passeggero replicò «Ho capito che cerchi: forse posso trovare un modo per aiutarti».
Il passeggero si sporse verso l’autoradio, cambiando la traccia: un ritmo greve, martellante, ricco di tamburi e rumori metallici iniziò a pompare dalla casse.
Quasi istintivamente accelerò, ma malgrado l’acquistata velocità, la sua percezione di essa rimaneva offuscata, dandogli una sensazione di lentezza che lo spronava a spingersi oltre.
Questa rincorsa ossessiva nella sua mente venne interrotta bruscamente dal palesarsi di una persona in mezzo alla carreggiata, a poche centinaia di metri.
Senti l’impulso di frenare, ma resistette….lo schianto, pur fragoroso, a malapena coprì la musica, senza intaccare minimamente la marcia.
«Finalmente ti stai lasciando andare…perché non continuare?!».
Il passeggero era ora al suo fianco, coperto da un abito cangiante. «Non vedi? Sono qui per te».
Una lunga fila di individui venne illuminata dai fari dell’auto.
La musica iniziò ad accelerare, sostituendo i tamburi con sonorità elettroniche dal ritmo forsennato.
Man mano che investiva i pedoni, questi si facevano via via più definiti: nessuno di loro aveva un aspetto umano ai suoi occhi.
Il caldo nella cabina si stava facendo asfissiante, complice un’arsura improvvisa.
«Ho la gola secca e devo pisciare. Fermati al prossimo autogrill», quasi ad assecondare il suo pensiero,
l’invito lo riempi di grata accondiscendenza.
Non ci mise molto a trovarne uno e mentre scendeva dall’auto, un’ondata di calore lo investì, quasi come se la temperatura esterna rispecchiasse il deserto dell’area di sosta, illuminata solo un lampione fioco e dai fari delle auto in transito dietro di lui.
Sentì la necessità impellente di spogliarsi almeno un po’.
Il bar sembrava aperto, con porte spalancate e nessuno all’interno se non il barista, una figura intirizzita, quasi statuaria nel suo completo dai toni saturi, che anticipandolo esordì «Un caffè macchiato, non mescolato in arrivo».
Accanto al bancone, c’era un’insolita edicola automatica con le riviste esposte dietro un vetro; sembrava inutilizzata da tempo immemore.
Arrivata la tazzina sul bancone, il barista iniziò a fissarlo: i suoi occhi rossi sembravano l’unica cosa viva in quella faccia di plastica.
Non fece in tempo a bere che una voce metallica uscì dal distributore automatico.
«Il secondo numero è uscito. Correte ad acquistarlo».
Si chinò per prendere il giornale dalla buca, nel mentre il suono di uno sparo riempì l’aria ma non lo sorprese né impressionò, tanto pareva attutito.
«Ricordatevi l’allegato», gracchiò l’altoparlante.
Insieme ad una rivista illeggibile dai caratteri mutevoli, si ritrovò tra le mani una pistola fumante, calda come se fosse viva.
Non fece in tempo a processare quella sensazione che come un tuono, un imperativo riempi il locale, «butta a terra l’arma, degenerato! Buttala o sparo!».
Si girò di scatto, trovandosi davanti una figura immensa che lo torreggiava, forte di una scura divisa ed un minaccioso cannone tra le mani.
Si alzò, spalle al muro.
«Non ti muovere: ultimo avvertimento!».
Alzò le braccia, arma in pugno, quando notò il suo passeggero in piedi all’entrata.
Con passo sinuoso, si avvicinò, passando di fronte all’uomo in divisa, ignorandosi a vicenda.
Il passeggero era davanti a lui, monopolizzando il suo sguardo «La vita è solo un lungo sogno».
Di nuovo uno sparo riempi l’aria, ma questa volta pieno e potente.
Il volto del passeggero si fece d’un tratto chiaro e netto, poi il buio.