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Foto di OpenClipart-Vectors da Pixabay

Bentornati su StorymancerNuovo racconto per l’Edicola delle Storie (Im)perfette: Il Sorriso del Tiranno, di Roberto Villa.

Per la prima stagione dell’Edicola, proclamata su Twitch durante la live de Il Ruolo delle Storie del 25 settembre 2020, ricordiamo i racconti di Simone Miraldi (aka Doctor Nowhere): Il Giornale a Metà; e quello di Roberto Villa, intitolato Il Venditore di Sogni.

Per la seconda stagione, denominata Racconti al Buio e ideata coi nostri amici e patner di Scripta (Pietro Sgherzi e Tiziano Ottaviani), invece, i nostri partecipanti non hanno solo scritto dei racconti, ma li hanno anche editati!

Di questa seconda stagione è già uscito Il Trepunte Bianco di Simone Miraldi (aka Doctor Nowhere), editato da Roberto Villa.

Ricordiamo: cos’è l’Edicola?

L’Edicola delle Storie (Im)perfette è un setting condiviso per racconti di realismo magico. Tra le ispirazioni ci sono Italo CalvinoStefano BenniDino BuzzatiStephen King, ma anche Dylan Dog e Piccoli Brividi.

Elemento focale di questa ambientazione è l’Edicola: un luogo misterioso che cambia aspetto in base all’epoca e al luogo in cui compare. Chiunque la visiti vi troverà non ciò che vuole, ma ciò di cui ha veramente bisogno: saranno clienti dalla storia (im)perfetta e, in quanto tale, migliorabile.

A tentarlo sarà l’Edicola stessa, o il suo proprietario: un individuo che non si mostra mai del tutto. Sarà riconoscibile da un gesto o da un particolare, ma il suo volto e la sua identità rimarranno segreti. Lo faranno con un oggetto all’apparenza mondano, o per il tramite di un fenomeno magico.

Quale che ne sia il ruolo, la magia va sempre calata nel reale: è un’allegoria, o una metafora, che rompe la realtà senza mai sfuggirle del tutto. Non saranno dunque adatti i mondi fantasy, che siano ambientati nel passato o nel futuro; la base è sempre la quotidianità del nostro mondo e, di conseguenza, il setting dovrà sempre essere realistico e immaginabile.

Il Sorriso del Tiranno

Autore: Roberto Villa
Editing: MerondesejBLAZE55

Il suo passo svelto rimbombava tra le antiche colonne dell’Ortigia.
«Eccellenza, ne è sicuro?», il vescovo gli trottava al fianco.
«Per te solo Fratello», gli rispose, «ma sì». Si fermò prima dell’altare e si guardò intorno.
Sotto una panca delle prime file, su una mattonella, la luce dell’ingresso evidenziò una tenue incisione: un
cerchio da cui partivano due linee diritte.
Sorrise, «guarda nel profondo…», sussurrò.
«Non ho capito, Ec– Fratello», il vescovo lo guardò, si abbassò tra le panche, e tornò su di lui, perplesso.
«I lavori sono stati provvidenziali», accennò alle impalcature attorno alla facciata. Celavano agli occhi e alle orecchie.
«È stato il terremoto», il prelato si fece il segno della croce, «Val di Noto», scosse la testa, «quanti morti…».
Gli mise una mano sulla spalla, «l’alchimia ci insegna che tutto si trasforma, e l’Ente Supremo decide il
piano. Abbi fede, Francesco», lo fissò negli occhi, anziani e provati, «la fine non è che l’inizio».
Monsignor Fortezza sospirò e strinse la croce che portava al collo.
«Mi siete stato di grande aiuto», continuò a fissarlo.
«Ma», il vecchio boccheggiò, stranito, «non ho fatto niente».
Gli strinse la spalla, «potete andare».

Uno struscio cupo coprì il lontano martellare e la lastra gli si chiuse sopra, sigillando le scale.
«Perfetto!», esalò, «guarda nel profondo…». Gli ultimi gradini li fece a tentoni.
Una luce si accese e rivelò un piccolo accesso. Oltre, il tenue scoppiettare del fuoco.
Una torcia giaceva tra la polvere e i calcinacci di un localino quadrato. Sulla parete di fondo alcune lettere
baluginavano nella danza delle ombre:


Nella città da cui gli otto vegliano sul mare
Guarda nel profondo
E sali sul faro d’oro che giace all’ombra dei ventisei tiranni

Proprio quello che aveva sognato. Il fiato gli si ruppe, teso dalla commozione: il Grande Architetto gli aveva
parlato! Gli otto erano le colonne fuori città e– e questa cripta, e poi…
Da sinistra, un fruscio. Sulla parete, una seconda scritta:


Attento a ciò che desideri

Un altro fruscio. La frase del sogno era scomparsa:


Potresti diventare ciò che vuoi

«Eterno?», sbuffò, «la via per la soddisfazione passa dalla conoscenza», prese la torcia, e tornò al corridoio.
Due file di statue affrontate lo attendevano in silenzio. Uomini in piedi, grandi come il vero. Nudi, ma
qualcuno li aveva coperti con abiti talari. L’ironia non gli sfuggì: erano apollini, statue di culto. Solo… di
norma sorridevano. Questi, invece, fissavano il vuoto, inespressivi.
Uno, due… ne contò ventisei. I tiranni? Aggrottò la fronte. Cicerone parlava di ventisette figure… dipinte.
In fondo alla fila, una base vuota. Protese la torcia. Sul bordo, era scritto un nome. Si avvicinò: Καλιοστρο.
Clack. Un meccanismo scattò alla pressione del suo piede.
In alto, tutt’intorno, si accesero dei bracieri, rivelando le colonne di una loggia porticata. Attese che
comparisse qualcuno, un Fratello magari: forse era un rito d’iniziazione. Nessuno si presentò.
Le statue rimanevano silenti. L’ombra!
Sul pavimento, lunghe sagome scure si incrociavano al centro di un enorme segno circolare. Sotto uno
spesso strato di terriccio, qui e là balenava un riflesso dorato.
«Lo scudo. Lo scudo del Fazello!», mollò la torcia, e si gettò a pulire l’antico disco di rame.
Vi si piazzò sopra e attese.
Ho sbagliato? Fece per muoversi, ma le gambe non risposero. Le statue tutt’intorno non erano più serie, le
loro labbra erano incurvate in un sorriso strano, arcaico, fuori dal tempo.

La croce di San Giovanni batteva sulle mura de La Valletta.
Un carro si fermò e gli operai scaricarono la merce.
«Come ti chiami, ragazzo?», chiese un altro cavaliere.
«Giuseppe, signore. Giuseppe Balsamo. Sono qui da poco».
«Fai una cosa», gli indicò una sagoma velata che in tre stavano scaricando a fatica, «mostragli la cripta».
Giuseppe si avvicinò. Era una statua. Sulla base c’era un nome, scritto in greco: «Cagliostro». Mai sentito.
Tra i lembi, scostati dal trasporto, spuntava uno sguardo spalancato e uno strano, arcaico sorriso.