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Bentornati su Storymancer! Oggi continuiamo con Il Grimorio dei Racconti, la rubrica ispirata da voi. Il racconto che segue si intitola Al Pattume ed è scaturito da uno spunto di Lorenzo Baffo, un utente del nostro canale Telegram: la Chat Arcana.
Per la stessa rubrica vi segnaliamo anche Fragola che Abbaia, scritto su spunto di MerondesejBLAZE55 della Chat Arcana.
Che cos’è il Grimorio dei Racconti?
Il Grimorio dei Racconti è un mistico artefatto: ha l’aspetto di un antico tomo e rivela un nuovo racconto a ogni apertura.
Storymancer ha deciso di condividerne qui i suoi contenuti. Sembrano scritti da Roberto ma, fidatevi: è solo un’impressione!
Spunti-3-Parole
Sapete qual è il segreto più arcano del Grimorio dei Racconti? Potete ispirargli nuovi contenuti!
Per farlo dovrete solo pensare intensamente a tre (3) parole, di cui un verbo. I campi telepatici, però, sono spesso inaffidabili. Se non dovesse funzionare, potete sempre scrivercele nella nostra Chat Arcana o mandarcele per email. La magia farà il resto!
Al Pattume
Spunto di Lorenzo Baffo: zombie, tagliare, salmonata
«Prestami un occhio».
Con un grugnito il collega gli lanciò una pallina molliccia. Glorb se l’infilò nell’orbita destra, strizzò le palpebre per sistemarla meglio e aprì la “ghiacciaia”: un grosso banco frigo. La zaffata di polvere fu seguita da un tanfo rancido. Si sporse fin quasi a cascarci dentro e tastò lo spesso strato di muffa e liquami putridi, angolo per angolo.
Uno squittio gli attirò l’occhio verso il fondo. Fece scattare la mano, ma colpì solo la parete. Lo scheletro di un topolino gli guizzò di lato e uscì nella cucina. Il collega rise.
Glorb sospirò e si sfilò dalla ghiacciaia. Poggiò le mani sui bordi e rimase a fissarne l’interno, buio e vuoto.
«Argh?».
«Come va? Come va!?», Glorb spalancò l’occhio, «te lo dico io come va». Chiuse l’anta di scatto e vi sbatté un pugno. Gli saltò via un dito. «Ecco come va!», indicò il topo che se lo portava via.
«Argh…». Gli mise una mano sulla spalla.
«No, non hai capito», Glorb si ritrasse, «non paghiamo il pizzo agli Esorcisti da due settimane». Appoggiò la testa sul banco, «questi ci purificano».
«Argh… argh…».
«Dannazione Argh. Abbiamo dovuto venderti mezzo cervello l’ultima volta. Prima ti chiamavi George!».
«Argh», si batté una mano sul petto, e fece cenno a Glorb si seguirlo. Lo condusse fuori dalla cucina, nel locale principale.
«Ma vaffanculo, Argh!». Si erano fermati davanti a un quadretto: “miglior ristorante di Loculo Sfitto”, 4 falci sul Teschio Rosso. Glorb afferrò una sedia e ci si scagliò contro.
Argh si frappose con le mani avanti, «argh», scosse la testa. «Argh…», indicò le foto intorno.
Avevano ospitato di tutto: mummie, zombie, scheletri, fantasmi… «non farti spiegare i sapori da uno che non ha nemmeno la bocca», mormorò. Argh ridacchiò: uno dei suoi primi insegnamenti. Una volta avevano servito persino un lich. Glorb abbassò la sedia, «ne è valsa la pena, eh?».
«Aargh», annuì e picchiettò il quadretto con un mezzo sorriso, proprio sul nome del ristorante: Al Pattume.
Glorb non si trattenne, «Ah! Hanno continuato a chiamarmi Al per almeno 40 anni». Il riso gli si spense in una lieta malinconia. «Cosa faremo adesso?».
Argh si rimboccò le maniche, «argh!».
Glorb sbuffò, trasognato, «se solo potessimo fare la nostra specialità».
«Aaargh…», sospirò un assenso.
«Come se potesse accadere di nuovo, vero? Quella carne morbida, viva», la voce a ogni aggettivo gli si faceva più intensa, «così bella rossa, sanguigna», si leccò le labbra, «così…».
Il campanello alla porta tintinnò. Due individui intabarrati si guardavano intorno. Erano rossi in viso e dalla loro bocca uscivano nuvolette di vapore. «C’è nessuno? Ci siamo persi».
Glorb spalancò tanto l’occhio che quasi gli cadde dall’orbita. Sfilò dalla cintura i coltelli. «… Salmonata!».