Storymancer Simone Miraldi Edicola delle Storie (Im)PerfetteRisorsa 2 Il Giornale a Metà 2

 

Bentornati su Storymancer! Oggi vi presentiamo Il Giornale a Metà: il primo racconto del nostro progetto di scrittura condivisa, ovvero l’ambientazione Edicola delle Storie (Im)perfette. Il setting è nato dalla live Il Ruolo delle Storie su Twitch del 25 settembre 2020, con l’aiuto della chat e dell’ospite, Luca Maiorani, della redazione di Storie di Ruolo. Nella putata dello stesso format andata in onda il 20 novembre 2020 con gli amici del blog Scripta, Pietro Sghezi e Tiziano Ottaviani, invece, è stata messa a punto la seconda stagione, denominata Racconti al Buio.

Questo primo racconto, dal titolo Il Giornale a Metà, è stato scritto da Simone Miraldi – in arte Doctor Nowhere – ed editato dalla nostra redazione ma, attenzione! Rappresenta solo l’inizio del primo ciclo di pubblicazioni. A esso ne seguirà un secondo, della cui lavorazione gli autori stessi saranno protagonisti. La seconda stagione, infatti, è stata chiamata Racconti al Buio perché, oltre a scrivere i propri racconti, i partecipanti sono chiamati a editare il testo di un altro scrittore, scelto casualmente tra loro.

Ma che cos’è l’Edicola delle Storie (Im)perfette?

L’Edicola delle Storie (Im)perfette è un setting condiviso per raccontare storie di realismo magico. Gli autori che ci hanno ispirato sono Italo Calvino, Stefano Benni, Dino Buzzati, ma anche lo Stephen King più realista, il realismo pauroso di alcuni numeri di Dylan Dog e Piccoli Brividi e via dicendo.

Il primo passo dell’edicola è stato creare una serie di racconti di massimo 4 cartelle (8.000 caratteri spazi inclusi), che parlassero dei clienti dell’Edicola. Questi clienti verranno travolti dal potere di questo luogo misterioso (vedi sotto). L’opera di riferimento per lunghezza, stile e tipologia è il racconto I Giorni Perduti di Dino Buzzati, oggi contenuto nel libro Le Notti Difficili (lo trovate insieme ad altri racconti sotto la voce Solitudini).

L’Edicola è stata presentata come un luogo misterioso e magico, che appare in qualsiasi epoca e luogo, adeguandosi ad esso. 

La leggenda vuole che chi entri nell’edicola venga attratto da un oggetto che ti fa vivere la storia di cui hai bisogno, non quella che vorresti. È l’edicola o l’Edicolante a tentare e propore l’oggetto che poi comprerà, vuoi direttamente o indirettamente: ad esempio, il ventilatore dell’edicola potrebbe sospingere un piccolo opuscolo verso un cliente.

Quanto all’Edicolante non si vede mai del tutto: è una voce, una mano, l’occhiale appoggiato sul bancone. Può essere tentatore quanto volete, ma non si vedrà mai completamente.

L’elemento surreale e sovrannaturale delle storie dell’Edicola delle Storie (Im)perfette devono essere sempre usate come rottura della realtà, allegoria, metafora o simbolica rappresentazione. Ciò significa che non funzionano racconti che sono già ambientati in un mondo fantastico e magico: l’origine è sempre la quotidianità del nostro mondo. Fanno eccezioni le storie ambientate in un prossimo futuro, purché esso sia abbastanza realistico e immaginabile.

Il Giornale a Metà, di Doctor Nowhere

«’Giorno» mormorò Angelo Martini. Si passò una mano tra i capelli fradici e scosse la giacca inzuppata un poco. Gocce d’acqua partirono in ogni direzione, così Martini fece un passo indietro per salvaguardare le riviste.

L’edicolante gli sorrise di rimando. «Desidera?». I suoi bianchi denti brillarono alla fievole luce della piccola stanza, che lasciava il resto del suo volto in penombra. La figura, dietro al bancone, librava nell’aria la mano scarna e un po’ rugosa. La alzava e abbassava a fatica, seguendo pigramente le lente note che venivano dalla radio appoggiata sul bancone, mentre un leggero ma acre odore di tabacco riempiva il locale. L’Edicolante tirò una boccata dalla sigaretta mezza consumata: «Posso esserle utile in qualche modo?»

Angelo scosse il capo «No, no, m-mi scusi…, vorrei solo aspettare, ecco, un attimo… sa, la pioggia, che smetta». L’edicolante spalancò gli stanchi e ingialliti occhi. «Prego! Prego! Ma si guardi pure intorno, senza impegno». Scrollò le spalle e mosse le mani a ritmo, portando la sigaretta alla bocca. «Mi faccia zapere ze trova qualcoza». La sigaretta gli bloccava la lingua, facendolo risultare ancora più serpentino.

Angelo annuì. Lasciò vagare il suo sguardo tra gli stracolmi ripiani del chiosco: riviste di gossip, un magazine di pesca, una raccolta di ricette, dei giochini per bambini. Tutto era così nuovo, per lui. Ora che ci pensava, era la prima volta che entrava nell’edicola. Anzi, prima di quel giorno avrebbe giurato che lo sgabbiotto in cui era entrato non fosse mai esistito.

E dire che passava spesso per quella strada.

Sarà stata la fretta con cui andava sempre da una parte all’altra, o che l’edicola era in una locazione infelice tra un ingrosso di abiti e un ferramenta, che lo nascondevano alla vista.

D’un tratto, Angelo sentì il violento sbattere della porta di ingresso alle sue spalle. Scostò lo sguardo dalle riviste di calcioscommesse e si voltò di scatto, urtando con la spalla uno scaffale. Le riviste di cucito ed enigmistica che vi erano appoggiate crollarono come una valanga a terra.

Cercò con sguardo d’odio per la figuraccia il maleducato ch’era entrato.

Ma non c’era nessuno.

«Oh cielo… mi scusi, mi scusi» disse all’edicolante «È che avevo sentito… la porta, e…»

«Non si preoccupi» Con la mano grinzosa l’uomo spolverò l’aria, in un calmo segno di benevola indifferenza. «Dev’essere stato il vento. Devo proprio procurarmi un fermaporta»

«Mi permetta… almeno…». Raccolse un paio di riviste di giardinaggio. «Di sistemare un poco». Angelo si chinò ancora di più per infilare il braccio sotto allo scaffale per raccogliere tutti i periodici caduti dietro.

Lo trascinò fuori e vide contrito che la prima pagina sembrava troncata di netto in due parti, forse l’aveva danneggiata… ma no. Sembrava a sinistra un quotidiano qualsiasi, ma a destra era intonso e bianco, come non fosse stato stampato.

Aprì la rivista e prese il primo articolo. Parlava di un prodigioso astronauta che solcava lo spazio “Tutto è partito come il sogno di un bambino come tanti. Sognavo di diventare un astronauta, ma…”

E proprio dopo il “ma”, bianco. La storia si interrompeva e non continuava sulla pagina successiva. Tutto terminava di fronte alla tirannica parte bianca del foglio.

Angelo portò il foglio sul bancone. «Mi scusi, ma credo che ci sia stato un errore di stampa. Vede…», e lo mostrò all’edicolante.

L’edicolante alzò le spalle. «Nessun errore». Si alzò dallo sgabello e sfogliò con Angelo la rivista. «Questo è il Giornale a Metà. Invece di scrivere delle storie complete, come qualsiasi altro quotidiano, raccoglie tutte le vicende che per un motivo o per l’altro sono state interrotte prima di giungere ad una degna conclusione. Dovrebbe riconoscerlo, molti articoli sono stati scritti proprio su di lei.»

Angelo squadrò l’edicolante, diede un’occhiataccia al rotocalco e rilesse l’articolo a metà pronto a ribattere… ma ecco, come aveva fatto a dimenticarselo?

Il suo sogno di bambino di pilotare un’astronave. Quanto era ingenuo, ai tempi.

Girò la pagina. Il servizio successivo parlava di un giovanotto che aveva tentato di diventare attore protagonista nella recita della scuola. Giusto, alla fine non aveva fatto parte dello spettacolo, perché aveva saltato troppe prove.

C’era un trafiletto piccolo, al centro, sulle lezioni di chitarra. “Adolescente abbandona lezioni di strumento poiché troppo difficile”. Poi uno sull’Università, mollata dopo un semestre. Eccone uno su quel viaggio intorno al mondo che aveva iniziato a progettare con i suoi amici, ma che poi si era rivelato troppo costoso per le loro finanze.

«Ora ricorda?» incalzò l’edicolante. Voltò pagina e picchiettò le dita su un articolo che parlava della relazione tra un ormai maturo Angelo con una certa Camilla. L’articolo era molto indulgente sui dettagli, in special modo su come si erano lasciati quando le cose si erano fatte troppo serie troppo in fretta. Avevano litigato quando pareva che lei fosse rimasta incinta. Lui non si sentiva pronto, e lei gli rinfacciava che non sarebbe mai stato pronto. Quando si era scoperto che in realtà era un semplice ritardo, i due, per evitare che il litigio degenerasse, si erano salutati con l’accordo di vedersi per terminare la discussione con calma, in un secondo momento. Fu l’ultima volta che si parlarono.

Arrivato sì e no a metà del Giornale a Metà, Angelo si sentì mancare e si accasciò al suolo. Quante porte della sua vita aveva sbattuto andandosene, prima di arrivare fino in fondo?

La voce sorniona sussurrò, dall’alto del bancone: «Non è troppo tardi»

Angelo si arrampicò sulle riviste di critica sociale e politica, facendo capolino. L’edicolante trasse un’ultima boccata dalla sua sigaretta, ormai ridotta al solo filtro, e la spense in un posacenere. «Certo, molte navi sono salpate e non torneranno mai più. Ma magari ce n’è ancora qualcuna attraccata. Chi lo sa, può darsi che la prossima volta che varcherà quella soglia le sue gesta compariranno su un giornale diverso.»

Angelo annuì, e appoggiò una banconota da dieci sul bancone e scappò fuori col Giornale a Metà.
«Ehi! Il resto, giovanotto!»
Angelo era già altrove e quella era l’ultima cosa che avrebbe lasciato in sospeso.

Noncurante della pioggia, Angelo appoggiò il suo Giornale contro il muro, e riprese la pagina che parlava della sua storia con Camilla. Il pezzo si concludeva con una breve intervista alla ragazza “Non mi ha mai richiamata…” e poi la facciata bianca, il nulla che aveva inghiottito così tanti suoi progetti.

Ma ora non più.

Angelo estrasse una matita dalla giacca, e con fare deciso scrisse sulla parte bianca “… Fino a molti anni dopo”. Prese il telefono e compose il numero.

Inspirò profondamente.

Il temporale si era ormai trasformato in una lieve pioggerellina. Il Sole faceva capolino tra le nuvole, e davanti a lui si era formato persino un arcobaleno. Angelo si voltò per fissare un ultima volta quella bizzarra edicola, ma per quanti sforzi facesse non riuscì a trovarla. Sembrava scomparsa nel nulla.

Fece partire la chiamata.